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giovedì 26 settembre 2013

Vetro indurito - Hardned glass - UNI 1863

IL VETRO INDURITO - HARDNED GLASS

La procedura di tempera termica del vetro è un trattamento di raffreddamento veloce che si realizza in un determinato intervallo di tempo partendo dalla temperatura di tempera fino alla temperatura di strain point, al disotto della quale agiscono solo le deformazioni in campo elastico. Si produce una modifica della struttura cui seguono le tensioni che si completano al termine del raffreddamento alla temperatura ambiente.
I profili delle tensioni variano con continuità in funzione delle caratteristiche del trattamento da cui dipendono, per posizione ed entità, i valori di trazione e compressione misurabili sulla superficie e all’interno delle lastre.

Agendo sulla entità e durata del riscaldamento e del raffreddamento successivo è possibile distribuire le tensioni nella maniera più opportuna a seconda dello spessore delle lastre e delle necessità di impiego.

Talvolta la richiesta di resistenza del vetro si concretizza in livelli modesti di tensioni accumulate che forniscono resistenza sufficiente alle piccole sollecitazioni meccaniche, termiche (shock termico)  privilegiando aspetti dell’ottica  e qualità delle superfici, oltre alla maggiore omogeneità della distribuzione delle tensioni e migliore tolleranza nei confronti delle inclusioni di solfuro di nichel. Il vetro indurito si presenta come un materiale stabile e prevedibile nelle installazioni in edilizia.
La sicurezza richiesta nei confronti di rotture con frammenti che per questo prodotto sarebbero di dimensioni elevate e quindi pericolosi, è affidata ad un eventuale successivo processo di laminazione con plastico interposto (PVB, EVA, Policarbonato, etcc.); in questi casi la tempera completata a norma è messa da parte e si parla di vetro semplicemente indurito o Hardned. Le caratteristiche sono normate dalla UNI 1863 - 2012 che esamina aspetti estetici, geometrici e di frammentazione per definire precisamente il vetro indurito che non deve essere realizzato come un cattivo temperato, ma piuttosto rappresentare un prodotto differente.
L'andamento delle linee di separazione dei frammenti prodotti dalla rottura fornisce indicazioni sullo stato tensionale del particolare studiato, a tale proposito si mostra la frammentazione, prodotta con il punzone, di un normale vetro ricotto dimensionalmente analogo al campione richiesto dai test della UNI per il quale le linee della rottura si arrestano in prossimità del punto di impatto e che nel tempo si propagheranno.

   - Rottura lastra 8mm ricotta dopo 10s dall'impatto

La rottura, prodotta da penetrazione, procederà nel tempo successivamente con continuità fino a dividere finalmente la lastra in frammenti di notevole dimensione. La resistenza strutturale è tipica del vetro ricotto, quindi scarsa nei confronti delle sollecitazioni termiche e meccaniche che producono sollecitazioni di trazione.

Diversamente accade durante la frammentazione di una lastra indurita termicamente, il percorso delle linee di flusso è guidato e deve seguire l'andamento dello stato tensionale di compressione realizzato, limitato nella entità e confinato in prossimità della superficie.


- Rottura lastra 8mm indurita dopo 10s dall'impatto

Nella immagine precedente, relativa ad un vetro indurito, l'andamento delle linee di frammentazione mostra percorsi che raggiungono direttamente i bordi della lastra, senza delimitare aree chiuse all'interno della superficie. Linee che si chiudono su se stesse mostrano un tensionamento eccessivo che si può correggere riducendo il riscaldamento ed il raffreddamento.
A titolo di esempio, si mostra la continuità dei risultati ottenibili partendo dalla stessa ricetta in forno e agendo solo sul raffreddamento di tempera;  riporto di seguito una immagine che mostra tre differenti situazioni di frattura per lastre spesse 5mm,  .

 

Vale la pena osservare che il comportamento di una testa di tempera sottoposta a regolazione nella portata non fornisce risultati omogenei nella distribuzione dei flussi provenienti da tutti i singoli ugelli, essendo legato al riempimento del plenum, quindi attenzione quando si riducono le portate nella tempera per vetri di grande spessore!!!! Analogamente accade per quanto riguarda la variazione delle distanze uscita ugello - supefice del vetro nel caso di forni a rulli lato sopra/lato sotto.  Non è superfluo ricordare che un vetro indurito è un vetro con le superfici esterne in compressione (condizione tipica della tempera), notevolmente più resistente di un vetro ricotto. il trattamento Hardned glass si applica preferenzialmente a lastre di grosso spessore essendo espanso il fattore tempo tecnico di tempera, a differenza degli spessori sottili per i quali il procedimento diviene via via sempre più difficile al ridursi dello spessore.
Le foto seguenti mostrano tre campioni di vetro spessore 6mm induriti e sottoposti al test di frammentazione (le dimensioni e l’esecuzione sono quelle richieste dalla norma UNI EN 1863 – 2013).

Il primo campione si avvicina molto a quanto richiesto e potrebbe anche essere accettato ma presenta due isole grandi  (1 e la 2) ed una piccola (la 3) che andrebbero valutate in base al peso etcc…. Il secondo campione invece è quasi perfetto e sposa quanto richiesto; il terzo è eccellente e mostra la perfetta simmetria delle linee di flusso conseguenti alla frammentazione.

Campione n°1 accettabile ma non perfetto per presenza di superfici chiuse (isole)

Campione n°2 OK, rispetta quasi perfettamente le richieste della norma (leggera asimmetria)


Campione n°3, perfetto 100% simmetrico con assenza di isole

Le temperature superficiali di partenza per i tre campioni sono le stesse (circa 640 C° da pirometro); riferendosi alla temperatura di uscita dal forno è necessario rimanere sempre al disopra dello strain point perchè anche nel caso del vetro indurito occorre indurre tensioni permanenti; Per individuare la ricetta termica corretta conviene partire dalle condizioni raggiunte per ottenere la tempera necessaria dello stesso particolare,  abbassando soltanto la temperatura di set point di alcuni gradi a pari durata del trattamento per limitare il riscaldamento senza modificare le oscillazioni.  In alternativa qualora il mix di produzione richiesto all'impianto fosse molto variabile presentando temperati e induriti da accoppiare successivamente, potrebbe essere conveniente modificare solo la durata del riscaldamento dei particolari induriti lasciando immutate le regolazioni dei set point. Il raffreddamento dei tre campioni del test riportato nelle immagini cambia pochissimo nelle prevalenze utilizzate, con un leggero prolungamento nel tempo della parte iniziale a bassissima pressione nel caso dei particolari 2 e 3. In sintesi sembra che il primo sia leggermente più tensionato, quindi in questo caso peggiore, mentre riducendo di poco il raffreddamento e le tensioni, si raggiunge successivamente una notevole omogeneità rappresentata da linee di frammentazione continue e assenza di aree chiuse.
L’uso della tempera a passaggio per gli impianti che dispongono di questa opzione è dedicato ai temperati di basso spessore, ininfluente nel nostro caso a causa della permanenza troppo breve tra le soffianti, va escluso perché peggiorativa dal punto di vista del corretto raffreddamento del vetro indurito.
Come regola generale il raffreddamento per ottenere le condizioni di hardening deve procedere con tempi molto più lunghi rispetto a quelli necessari per la tempera , ossia nel caso dell’indurito di grande spessore (8 - 10 - 12mm) il cuore del pezzo dovrebbe rimanere al disopra dello strain point per una durata almeno 5 – 7 volte maggiore rispetto ai tempi della tempera e soprattutto la differenza di temperatura tra pelle e centro dovrebbe essere più bassa (circa 50 – 80 °C). Al crescere dello spessore della lastra (10 - 12 - 20mm) la prevalenza iniziale del fluido di raffreddamento deve essere estremamente ridotta, addirittura sarebbe preferibile lasciare il compito del raffreddamento superficiale alla sola perdita naturale della energia per irraggiamento, sfruttando l'alta emissività del vetro,   facendo intervenire un blando raffreddamento forzato solo successivamente. Occorre tuttavia controllare lo stato degli isolanti protettivi in kevlar dei rulli di tempera che potrebbero danneggiarsi in assenza totale di raffreddamento.  Le considerazioni precedenti suggeriscono che il raffreddamento ideale dovrebbe procedere mantenendo una prevalenza variabile con continuità in proporzione inversa con l’abbassamento della temperatura del cuore. Questo trattamento potrebbe essere realizzato facilmente con la regolazione dei motore in CC agendo sulla pendenza e durata della rampa, ma è possibile semplificare strutturandolo a gradini con step successivi di differente durata e prevalenza crescente, ciascuno con pressione differente ma costante nel suo interno. Dopo aver stabilizzato le tensioni, quindi al disotto della temperatura di plasticità,  la fase di raffreddamento può continuare a prevalenza maggiore per accelerare i tempi di consegna allo scarico.
Una ipotesi di raffreddamento di partenza per il 6mm potrebbe essere
1   1)  300 giri per 70s + 2) 400 giri per 120s + 3) rampa di accelerazione + 4) 800 giri sino alla T ambiente. (maggiore capacità raffreddamento)
2   1)  280 giri per 80s + 2) 350 giri per 120s + 3) rampa di accelerazione + 4) 800 giri sino alla T ambiente. (minore raffreddamento)

I valori sono tipici dell'impianto considerato e solo illustrativi delle sequenze che possono essere realizzate in vari altri modi.
Le prime due fasi rappresentate realizzano il raffreddamento e solidificazione delle superfici esterne mentre le temperature all'interno variano con continuità lentamente. Le temperature al centro  della lastra sono al disopra dello strain point che è raggiunto al termine della fase plastica; la rampa e il successivo periodo ad alta pressione (800 giri) rappresentano la durata del raffreddamento finale che può procedere con similitudine alla tempera di vetri dello stesso spessore sino alla temperatura ambiente.

L’attenzione importante durante tutto il processo è mantenere una distribuzione delle tensioni più pianeggiante rispetto alla normativa per la tempera (circa 140 MPask/mmq) ed evitare il reirraggiamento della superficie da parte del cuore che essendo a temperatura più alta, soprattutto nel caso di grossi spessori, potrebbe riportare le superfici al disopra dello strain point. Una riduzione temporanea del raffreddamento (ad ex  perdendo il tensionamento già raggiunto) complicherebbe la continuità dell’andamento delle temperature tra centro ed esterno che dovrebbero decrescere di pari passo senza avvicinarsi e senza allontanarsi con una distanza tra le due curve (cuore - superfici) più ridotta rispetto a quanto accade per la tempera.

Di seguito è rappresentata la distribuzione delle tensioni, evidentemente simmetrica rispetto alla mezzeria, lungo lo spessore di una lastra piana. Si nota la grande differenza nella profondità di tempera nei tre casi riportati.



Una osservazione pertinente è riferita alla distribuzione delle tensioni all'interno della lastra quando vogliamo ridurre il rischio di rottura causata da solfuro di nichel. La tempera definisce una situazione di equilibrio tra forze generate dalla storia termica e mantenere un profilo pianeggiante (bassi scambi e basse tensioni) all'interno del pezzo limita le variazioni di volume delle eventuali inclusioni di solfuro, se il vetro indurito è correttamente realizzato.

martedì 21 maggio 2013

LA DISTRIBUZIONE DELLA ENERGIA TERMICA NEL RISCALDAMENTO E TEMPERA DELLE LASTRE DI VETRO

LA DISTRIBUZIONE DELLA ENERGIA - MAPPA DELLE TEMPERATURE

Quanto descritto di seguito si riferisce a lastre di vetro di dimensione medio grandi (es. 2800x1700 nello spessore 4mm) ed anche ad altri spessori e dimensioni tenendo presente che in un forno a carica oscillante l'ampiezza della camera di riscaldamento può essere occupata da una lastra di piccola dimensione che si muoverà per tratti lunghi e poche soste tra i punti di inversione del moto che cambieranno a seconda delle dimensioni della carica, dando luogo a differenze consistenti nel riscaldamento. L’elemento di partenza è la costruzione della   ricetta termica da impostare con i valori dei set point delle varie zone da cui dipende il flusso dell’energia che si distribuisce nella massa del vetro punto per punto innalzandone la temperatura. Il vetro ha una bassa conducibilità termica e tende a mantenere nel tempo le differenze di temperatura presenti in aree e in strati differenti per cui si possono verificare problemi (ad esempio rottura per trazione da shock termico ) generati nella struttura laminare in cui si può ipotizzare diviso lo spessore globale, o in corrispondenza di aree limitate adiacenti che individuano zone a diverse temperature. Quando esistono differenze locali di temperatura prodotte dai vari meccanismi di trasmissione del calore e dalla loro regolazione, e sono rappresentative di una situazione a regime, sono responsabili di situazioni tensionali prima e dopo la tempera. Tali differenze  vengono attenuate ed eliminate solo se al trascorrere del tempo si provoca contemporaneamente  la modifica dei fattori responsabili del riscaldamento che inducano un successivo differente transitorio che comprima i delta di temperatura, tale variazione può derivare anche dalla diversa recettività delle varie forme di energia al modificarsi delle caratteristiche del vetro durante il riscaldamento. Se le asimmetrie nelle sorgenti del riscaldamento restano immutate l’adeguamento dovuto alla sola conduzione in presenza di una condizione a  regime sbilanciato non può essere realizzato e le differenze restano immagazzinate nella massa vetrosa che mostra temperature differenti dal desiderato nei vari punti. Per migliore comprensione del problema, se il nostro obiettivo è ottenere la temperatura uniforme punto per punto, se la sorgente calda scomparisse istantaneamente lasciando il corpo termicamente sbilanciato la conduzione al trascorrere del tempo favorirebbe una distribuzione più omogenea abbassando i picchi di temperatura, ma non si otterrebbe un profilo di temperatura uniforme. Nel caso di conduzione pura, con somministrazione esclusiva da parte dei rulli caldi, nello spessore del vetro si realizza un gradiente di tipo lineare che determina le differenze tra la parte a contatto dei rulli e la superficie superiore della lastra che a regime restano immutate; aumentare  il tempo di riscaldamento in questo caso non garantisce da solo l’omogeneità termica nella massa del vetro e solo l'intervento di convezione forzata o irraggiamento attivate da un certo istante in poi può riequilibrare le temperature.  Le ricette sono composte da tre elementi, la modalità del riscaldamento, il tempo, la risposta del materiale; le differenze di temperatura maggiori si verificano durante il transitorio termico di riscaldamento nelle fasi iniziali e si può favorire il riequilibrio dello sbilanciamento all’interno dello spessore abbassando le temperature di suola e aumentando i tempi di riscaldamento, se gli spessori sono piccoli. Le conseguenze immediate delle differenze sono la creazione di tensioni durante il riscaldamento e nella fase di raffreddamento di tempera, che soprattutto per gli spessori sottili modificano la planarità delle superfici, dando luogo ad imbarcamenti e vere e proprie deformazioni locali se le alte temperature trovano nel passo rulli elevato una concausa per la creazione di deformazioni flessionali ripetute a distanza costante.
Quindi occorre determinare la risposta del vetro verificando la bontà della distribuzione delle temperature generate dalle regolazioni che rispondono alla logica di progetto (PDI - proporz. deriv. integr., posizione termocoppie etc.) e conviene partire da approssimazioni tradizionalmente in uso negli impianti radianti, scegliendo un tempo di riscaldamento standard di circa 40s per ogni mm di spessore della lastra. Successivamente si impostano le temperature del tetto e della suola tali da mostrare un colore rosso arancione (non molto luminoso) degli elementi radianti verificando che in assenza di vetro il colore sia omogeneo. Eventuali luminosità locali concentrate o zone più scure possono dipendere da errori software, SCR rotti, da problemi delle termocoppie (risposta o posizione) o da differente dissipazione dei resistori. Occorre cercare di eliminare le cause di difformità non volute, soprattutto se appaiono in maniera sistematica mantenendo le differenze anche nel corso del riscaldamento quando si carica il vetro.
La tempera deve essere impostata in modo da alimentare le soffianti alla stessa pressione con ugelli che si trovano alla stessa distanza dalle superfici del vetro, realizzando una condizione geometricamente e termicamente simmetrica. Terminato il ciclo innanzitutto occorre osservare la planarità e successivamente si frammenta la lastra e si esamina la tempera dal punto di vista della distribuzione dei frammenti che fornisce le indicazioni per gli interventi da realizzare; una distribuzione non omogenea delle tensioni che ad esempio privilegia la parte sin rispetto alla parte dx porta ad una deformata ad s che si recupera nell’altro senso con effetto elastico comprimendo la superficie del vetro, similmente può accadere con spessori dell’ordine dei 5mm se la lastra è di grande dimensione e il diverso riscaldamento appartiene alla testa e coda rispetto alla parte centrale, effetto causato da una differente temperatura dei rulli di appoggio, in parte coperti e in parte esposti temporaneamente dallo spostamento del pezzo in oscillazione. Solitamente le regolazioni dei forni di riscaldamento a carica oscillante privilegiano la zona centrale ossia quella sempre coperta dal vetro, mantenendo più basse la parte della oscillazione scoperta (testa e coda della lastra).
Occorre tener presente che negli impianti i rulli di supporto nella zona di tempera sono rivestiti da cordino che si può allentare e spostare perdendo la distribuzione a passo costante e questo può generare problemi locali della geometria che provocano differenze nello scarico dell’aria riscaldata dal contatto con il vetro. E’opportuno controllare la rotazione in asse dei rulli di tempera che a causa delle alte velocità di espulsione (3 – 4mm spessore vetro) possono trasmettere sollecitazioni locali alle lastre in transito.
Soprattutto i falsi rulli di bilanciamento, disposti volutamente per penalizzare lo scarico delle soffianti superiori, sono causa di grandi variazioni nell’equilibrio della trasmissione del calore, infatti l’aumento o diminuzione della distanza tra soffianti e vetro crea diverse condizioni nello scarico della soffiante inferiore che cambia con il profilo dei rulli all’abbassarsi o all’alzarsi delle soffianti, mentre quella superiore gode di scarico a sezione costante tra le lame. Quindi la regolazione della quota deve essere realizzata attentamente riflettendo sulle conseguenze di questi spostamenti relativi che devono tenere conto dello scarico e non solo della distanza dal vetro.
La convezione forzata svolge un duplice ruolo; modifica del rapporto tra le temperature superiore e inferiore permettendo di variare l’appoggio sui rulli e la conseguente trasmissione del calore e deformazione della lastra in regime elastico, di somministrazione aggiuntiva e distribuzione della energia creando un contributo consistente che incrementa le temperature della superficie superiore del vetro (quando proviene solo dal tetto); ad esempio, nel caso di vetro chiaro con basso livello di tensioni l’effetto è evidente e si somma alla situazione generata dal normale riscaldamento per cui l’andamento della geometria distributiva delle tensioni mostrato dalla frammentazione resta lo stesso (quello che era più basso resta più basso). Il livello delle tensioni sale con una tendenza a generare frammenti di dimensione minore con un delta tensione in più, dato a tutto il pezzo, che risulta meglio temperato ma mantiene le asimmetrie nel pattern della frammentazione e il riconoscimento delle zone meglio e peggio temperate. Tenendo da parte il problema della ricopertura dei rulli e conseguenti differenze tra le estremità e il centro, se nel riscaldamento della lastra, accade che vi siano delle asimmetrie termiche distribuite ad esempio sulla parte destra del forno rispetto a quella sinistra creando quindi una zona più calda nel senso della oscillazione separata da quella più fredda il vetro sottoposto a tempera successiva tenderà ad avere un comportamento come quello di una molla spanciando in regime elastico da una parte e dall’altra e mantenendo una traccia ad S shape durante le deformazioni indotte dall’esterno. Il rimedio consiste nel ripristinare il corretto riscaldamento della lastra in tutta la sua superficie e spessore e una indicazione proviene dalla frammentazione che mostra le differenze di tensionamento a memoria delle differenze di temperatura accumulate e mantenute durante tutto il processo.

martedì 12 febbraio 2013

ROTTURA PER INCLUSIONE DI SOLFURO DI NICHEL


HST - test termico di selezione

La rottura di alcune lastre di vetro temperate può avvenire, in assenza di cause evidenti, per infragilimento dovuto a inclusioni di solfuro di nichel.
Tali inclusioni derivano dalla lavorazione non ben controllata del vetro primitivo e quindi sono già presenti all’interno delle lastre con distribuzione imprevedibile. Il trattamento di tempera termica è asimmetrico dal punto di vista della tempistica dello scambio termico, infatti il raffreddamento di tempera è realizzato in tempi brevi, mentre le variazioni di volume delle particelle incluse di solfuro di nichel, riscaldate ad alta temperatura, avvengono lentamente. Per le inclusioni di solfuro, nel raffreddamento, si manifesta nel tempo il recupero di un volume di maggiore dimensione (struttura trigonale stabile a bassa temperatura) e le stesse possono agire da elemento destabilizzante dell’equilibrio tensionale riducendo localmente lo sforzo di trazione all’interno della lastra. La continuità della distribuzione tra compressione esterna e trazione interna si interrompe localmente fino ad annullarsi sulla superficie che risulta scarica in alcuni punti dai quali parte la rottura che funziona da innesco per la trasmissione al resto della lastra.  L'imprevedibilità della diffusione e dimensione delle particelle di solfuro crea le condizioni per definire una rischiosità di rottura di tipo statistico per alcune partite di vetro primitivo, collegata al processo di tempera, alle sollecitazioni in opera e al trascorrere del tempo. La distribuzione delle inclusioni all'interno delle lastre temperate può risultare non pericolosa se confinata nelle zone in compressione, addirittura andando nella direzione dell'incremento del tensionamento (da notare che essendo una presenza puntiforme è comunque difetto destabilizzante), ma distruttiva se presente nei volumi della mezzeria dello spessore, posti in trazione dal processo di tempera. Conviene ricordare che qualunque discontinuità, chimica, fisica o tensionale presente in una lastra di vetro può agire come promotore di rottura se le sollecitazioni esterne divengono pericolose proprio in loro corrispondenza. Per la comprensione del fenomeno della rottura da inclusioni di solfuro non secondario ê il trascorrere del tempo che favorisce l'accumulo dei fattori destabilizzanti; spesso una rottura diviene facilmente comprensibile quando la causa evidente si associa all'effetto (rottura), come conseguenza immediata; più difficile è la attribuzione a fattori dispersi nel tempo che quando si palesano vengono attribuiti all'imponderabile per giustificare il danno.
La frattura si propaga sempre con andamento radiale a partire da una coppia di frammenti speculari nella forma con un aspetto caratteristico (come le ali di una farfalla), generati in corrispondenza della inclusione.
Le lastre di vetro interessate dalla presenza di solfuro devono essere escluse dal processo di tempera ma  possono essere utilizzate come normale vetro ricotto anche se  mostrano una scarsa qualità del processo produttivo del materiale proveniente dal forno di fusione. In situazioni di necessità, se si è in grado, è possibile tentare sul materiale a rischio il procedimento per ottenere del vetro indurito soft hardned, meno interessato alle rotture per inclusione, se il prodotto finito non sarà particolarmente sollecitato e soprattutto se l'indurimento sarà realizzato nel rispetto della normativa (distribuzione corretta delle tensioni), ben lontani dallla situazione di "cattivo temperato", scarsamente tensionato, che solitamente viene prodotto.  

Frammentazione per inclusione NiS (pannello fotovoltaico)

Lastra stratificata con rottura dello strato con presenza solfuro

Le immagini precedenti mostrano la frammentazione di tre differenti tipologie di lastre in ciascuna delle quali è evidente il punto di partenza della rottura che si trova nella mezzeria dei due frammenti più grandi. Partita la rottura, la dimensione generalizzata degli altri  frammenti rispetta il livello di tensionamento della lastra ed è evidente che una tempera eccessiva, non perfettamente bilanciata e distribuita, aumenta la rischiosità legata alla posizione della inclusione che diviene massimamente pericolosa quando si viene a trovare proprio nella zona centrale dello spessore. La trazione viene scaricata a livello puntuale come se si tagliasse una molla e parte la rottura.

La selezione del materiale a rischio, quando richiesta dal Cliente nel rispetto di capitolati di fornitura, può essere effettuata mediante HST test che consiste in un trattamento termico di maturazione accelerata, in ambiente a temperatura controllata, che provoca la rottura delle lastre in cui sono presenti le inclusioni in zone pericolose.
La presenza del solfuro di nichel in zone non pericolose (aree compresse) non induce rottura pur costituendo un elemento destabilizzante in particolari condizioni di stress meccanico, quindi l'HST test non individua le lastre esenti dalla presenza di solfuro, ma solo quelle a minore rischio di rottura.

Diagramma tempo - temperatura

Resta da raccomandare un uso consapevole del test HST poichè il riscaldamento riduce il livello medio delle tensioni delle lastre che sopravvivono restando integre, ma le stesse risultano meno resistenti del materiale che non è stato sottoposto al trattamento nel forno HST. Occorre quindi valutare le nuove caratteristiche raggiunte dalle lastre, che sono state riscaldate, in funzione delle sollecitazioni cui saranno sottoposte durante l'uso per garantire sempre le condizioni di sicurezza dei manufatti.